Città e Rivoluzione Informatica

Negli ultimi anni si assiste all’ormai irrefrenabile sviluppo delle tecnologie, in particolare di quella legate all’informazione automatica. Che sviluppi può avere l’utilizzo di queste tecnologie nella città? Città intesa come insieme delle attività della società umana.
Guardando su internet delle foto dei grandi down-town delle più importanti megalopoli ci si rende conto di come essi rappresentino in sezione il grafico dell’intensità delle attività umane sullo spazio esteso di un territorio urbano. Ma analizzando più in profondità si vede che il picco o i picchi del grafico si nota che le attività ad essi corrispondenti sono in prevalenza commerciali e d’ufficio. Mentre l’attività produttiva e gli spazi residenziali occupano fasce esterne più ampie e decentrate. Di qui immediato già il problema dei trasporti dovuto allo spostamento di persone e merci. Un prodotto, per esempio, deve attravesare anche più volte vari tipi di zone per arrivare da quella produttiva a quella commerciale, per poi di nuovo andare nel luogo del suo uso. Lo stesso vale per le persone. Soffermandomi su questo punto, che trovo molto importante, parte la mia riflessione sugli effetti che la rivoluzione informatica potrebbe portare alla morfologia e alla concezione stessa di città: cosa succederebbe se si tentasse, attraverso la diffusione degli strumenti informatici, di unformare quel grafico?
Certo ma come fare? Per cominciare levando gli uffici, pubblici e privati, e i centri commerciali dal daown-town attraverso il telelavoro, il commercio e la gestione delle utenze via rete, già si potrebbero abbattere quanti grattacieli? Forse lo stesso numero si avrebbe dopo un attacco nucleare di rappresaglia. Certo non è obbligatorio dover per forza tirar giù delle opere ingegneristice notevoli nella storia dell'umanità, ma è anche molto suggestiva l'idea di vedere enormi distese di verdi suburbi al posto di megaliti circondati da nebbie tossiche. Anche i luoghi di produzione possono diventare esempi di ecoingegneria, con un giusto connubio tra automazione ed utilizzo delle risorse umane. Poi diventerebbero indispensabili trasporti di merce per la consegna della merce direttamente del produttore al consumatore, servizi postali, magazzini, luoghi di smistamento, ecc.
Ma allora cosa rimane? La città diluita, calma e distesa sul territorio non più sovrastato, ma interconnesso. Una dimensione più umana della vita senza rinnegare la qualità di vita raggiunta al giorno d'oggi. Una città continua nella quale l'individuo può svolgere la propria attività, quale essa sia, senza perdere il contatto con la sua natura, oggi forse troppo limitata rispetto a ciò che si trova di fronte nel quotidiano. Ora la mia è solo un'idea, un'utopica idea di come mi piacerebbe sia fatta la città, in maniera del tutto fanciullesca. Di sicuro il mercato globale va contro ciò che ho detto, come anche il forte inurbamento attuale. Ma [...]

In fondo seguendo il principio del "wath if?" è nata l'idea progettuale della città diluita: cosa succederebbe se veramente l'amministrazione di una grande metropoli decidesse di ristrutturare i prorpi centri direzionali e commerciali secondo quanto detto?

 

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